Capitolo 5. I luoghi.

Ovvero: dove è ambientata la nostra storia.

Ad eccezione delle immagini in cui appare Fernanda, l’unica certezza è data dai luoghi in cui si muovono i nostri protagonisti: la ex stazione ferroviaria di Santa Vittoria in Matenano e il vecchio cotonificio.

Foto del treno Amandola - Porto San Giorgio del 1908
Foto del treno Amandola – Porto San Giorgio del 1908. Immagine tratta dal libro “Il treno della Valle del Tenna” di Dario Rossi.

La stazione di Santa Vittoria in Matenano si trovava lungo la ex linea ferroviaria che collegava Porto San Giorgio con Amandola. Il 14 dicembre 1908 il treno fece la sua prima corsa partendo proprio da Amandola. La ferrovia è stata in funzione fino al 1956.
Oggi molte delle ex stazioni ferroviarie sono state recuperate e riconvertite, altre abbandonate o abbattute, altre ancora sono divenute abitazioni private. Tuttavia, specie nel tratto che da Santa Vittoria porta ad Amandola, sono ancora visibili i resti di alcuni bellissimi ponti.

Capitolo 4. Il neorealismo.

Ovvero: (in)consapevole ispirazione.

Ritratto di un contadino (foto in mostra).

Il nostro fotografo ha immortalato la realtà che lo circondava, ed avendolo fatto tra la fine degli anni ’30 e la metà degli anni ’50, la memoria non può che andare a ripescare dall’immaginario collettivo del neorealismo italiano.
Questi infatti :

“sono gli anni del neorealismo cinematografico e letterario, anni in cui una parte del mondo intellettuale e della società civile guarda con speranza alla costruzione di una nuova Italia democratica e la fotografia diventa un efficace strumento per interrogarsi e riflettere sul proprio tempo e la propria società.” (https://bit.ly/2FUeb5k)

L’elevato valore documentale delle foto non viene meno nonostante la loro “amatorialità”. Lo stile dilettantesco infatti ci regala dei quadri di vita reale, senza filtri, dai quali emergono stati d’animo, emozioni e valori propri del momento storico in cui sono state scattate. Le immagini ci restituiscono “uno spaccato della vita rurale e contadina di un tempo, una visione con influenza neorealista che proprio in quell’intervallo vedeva nascere una corrente a cui afferiscono fotografi del calibro di Mario De Biasi, Arturo Zavattini, Franco Pinna, Chiara Samugheo, Nino Migliori e molti altri.” (Diego Pizi, responsabile tecnico scientifico della Fototeca Provinciale di Fermo).

Capitolo 3. Passione per la fotografia?

Ovvero: sulla tecnica.

Comparazione di una fotografia professionale con una amatoriale.

Il fotografo prese sicuramente spunto dai fotografi professionisti dell’epoca, anche ambulanti, molto richiesti, che allestivano i set con sfondi, tappezzerie ed oggetti di scena. Non è un caso che in molti dei suoi scatti sono visibili teli e tendaggi che fanno da sfondo ai personaggi ritratti e che tecnicamente servivano per delineare meglio il soggetto fotografato, visto il basso contrasto delle pellicole utilizzate. 
In questa comparazione, nella foto di sinistra si vede la madre di Fernanda ritratta da un professionista nel suo studio. Mentre la foto a destra è il tentativo del nostro fotografo di emulare un set professionale.

Macchina fotografica istantanea a soffietto anni ’40 . Foto in mostra con soggetto decentrato.

Il modo in cui le foto sono state scattate può rivelare anche il tipo di macchina fotografica utilizzata dal nostro artista. Sono molti infatti, almeno tra le prime foto realizzate, i soggetti decentrati che occupano solo una parte dell’immagine. Questo dipende dal probabile uso di una macchina istantanea a soffietto. In queste macchine la visione della scena era affidata o ad un mirino a pozzetto in cui le immagini apparivano capovolte (testa/piedi), o ad un mirino surrogato posto appena sopra l’ottica, oppure ad un piccolo rettangolino in metallo posizionato nella parte alta della macchina. In altre parole, il mirino e l’obiettivo erano fisicamente disposti su piani e assi diversi, pertanto la scena reale che il nostro fotografo vedeva (capovolta) nel mirino non corrispondeva a quella ripresa dall’obiettivo. Un problema che maggiormente si acuisce quando c’è scarsa distanza tra fotocamera e soggetto.

Capitolo 2. Il fotografo misterioso

Ovvero: chi ha scattato quelle foto? E sopratutto: chi è la gente ritratta?

Questi sono i tre astucci che i cui erano conservati i 150 negativi fotografici che non sono mai stati stampati. Nonostante gli anni e la presenza di muffe, graffi e uno sviluppo non proprio eccezionale, i negativi avevano retto decentemente il tempo e hanno permesso comunque di prendere visione delle foto.

Datare le fotografie non è stato difficile. Fernanda è nata nel 1933: nella foto a sinistra aveva all’incirca 6 anni, nell’altra doveva averne tra i 16 e i 18. Le 150 foto sono state scattate in un arco di tempo di 10/15 anni, tra la fine degli anni Trenta a circa metà degli anni Cinquanta. Sono gli anni del fascismo, della guerra, della fame ma anche della ricostruzione e dei primi passi verso la fine della mezzadria.

Fernanda da bambina e adolescente
Fernanda Millevolte da bambina e adolescente.

Il fotografo misterioso ha ritratto la quotidianità. I suoi soggetti principali sono le famiglie contadine che presumibilmente vivevano vicino a lui, forse erano anche suoi parenti. Tutti sono stati immortalati nel corso delle loro attività, quasi che l’autore volesse raccontare, in modo più o meno consapevole, le loro vite. Tuttavia le ricerche effettuate non hanno consentito di risalire alle identità di queste persone: nessuno ha saputo riconoscerle. Fernanda è l’unico punto di riferimento.

Particolari di due foto in mostra
Particolari di due foto in mostra.

Capitolo 1. Le foto ritrovate.

Ovvero: di quando a casa di Fernanda si aprì quel cassetto.

Quella che vedete in foto è la cassettiera nella camera da letto di Fernanda Millevolte. Fernanda è nata il primo gennaio 1933 a Santa Vittoria in Matenano, in provincia di Fermo, nelle Marche. Una volta sposata si trasferì con il marito a Servigliano, nelle vicinanze del suo luogo di origine. Aveva un carattere forte, Fernanda, e sapeva come affrontare le durezze della vita ma era anche una persona gioviale a cui non si poteva non volere bene. Non ebbe figli e, dopo una lunga malattia, nel 1998 morì. Venti anni più tardi se ne andò anche il marito, Armando, e la loro casa rimase chiusa per lungo tempo.

Come nelle migliori trame di romanzi, un giorno il bisnipote di Fernanda, Giordano, il figlio di un nipote della nostra protagonista, si recò con la madre a fare un po’ di pulizie e, più per curiosità che per vero desiderio di cercare qualche ricordo da conservare o oggetti da buttare, aprì uno di quei tre cassetti in foto. Dal fondo emerse il nostro tesoro: 3 astucci marcati Ferrania contenenti 150 negativi. Superato lo stupore iniziale, Giordano chiese subito chiarimenti alla madre che nulla sapeva di questo materiale. Lo stesso valeva per suo padre, che tuttavia ritrovò in casa 14 fotografie che facevano parte di quel nucleo di negativi. Dei restanti non vi era traccia che fossero mai stati stampati.

I negativi vennero così affidati ad un fotografo che velocemente li scansionò. E così si scoprì che, al netto di sfocature, danni provocati dalla muffa o multiple esposizioni, la maggior parte delle fotografie raffigurava persone sconosciute che sicuramente non facevano parte della famiglia di Fernanda.

La ricerca era iniziata.